Cos’è un tampone e come si scopre se un paziente ha il Coronavirus

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Il Corriere della Sera si è recato nel laboratorio di Virologia presso l’Istituto Superiore di Sanità a Roma fino a prima dell’emergenza Covid 19 si svolgevano le esercitazioni per l’individuazione in tempo reale di potenziali virus o batteri usati dal bioterrorismo. Il caso tipico è l’antrace, uno dei agenti più temuti per le cosiddette armi batteriologiche, ma ci sono anche il botulino, l’ebola, l’hanta. Per capirne la pericolosità basti pensare che un grammo di tossina di botulino è quasi tre milioni di volte più efficace del Sarin, un gas nervino sviluppato durante la seconda guerra mondiale e utilizzato, di recente, nel corso della guerra civile siriana del 2013. 
A causa del propagarsi del coronavirus, oggi in quei laboratori in via Regina Elena, si eseguono unicamente i test ai tamponi dei potenziali contagiati. Tutte le altre attività sono state sospese. All’Istituto Superiore di Sanità, infatti, arrivano i campioni biologici da tutta Italia per le analisi di conferma del test molecolare sul virus Sars Cov2 (il virus responsabile della COVID-19, il coronavirus).
I tamponi, che sono come dei grandi cotton fioc con una superficie assorbente su una delle estremità, arrivano -trasportati da militari – in barattoli a chiusura stagna a loro volta inseriti in un altro involucro. Flavia Riccardo, ricercatrice del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, mostra come si effettua un tampone nel modo corretto. L’asticella con la parte spugnosa si deve inserire a livello faringeo. Il prelievo va fatto sulla mucosa della parte posteriore della gola senza contaminarlo con la saliva. Dopodiché si immerge in un flacone: contiene un liquido per il trasporto che ne impedisce il degradamento. 
Nei laboratori di virologia quei tamponi vengono poi divisi in due porzioni, una per l’indagine molecolare e l’altra per la coltivazione del virus. In un altro piccolo laboratorio poco distante c’è un macchinario che assomiglia a una stampante con un piatto scorrevole simile a quello di un lettore cd. Alessandra Ciervo, virologa dell’ISS, appoggia una piastra con tanti piccole cavità rotonde. Contiene miscele che le permettono di amplificare e analizzare porzioni specifiche del virus Sars Cov2. 
L’intero processo dura dalle quattro alle cinque ore. La piastra viene rappresentata su un monitor che mostra un piano cartesiano con una serie di onde rosse, venti in questo caso. Ognuna è un paziente a cui è stato riscontrato il coronavirus. Mentre le linee verdi (solo due) sono i negativi.

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